Questo articolo è dedicato a Fabrizio B., un mio follower.
Il Machine Ledger è uno strumento del WCM (World Class Manufacturing) utilizzato dal pilastro PM (Professional Maintenance) nella fase iniziale del suo percorso reattivo (step1 – step3).
Nasce con l’obiettivo di scomporre e mappare i singoli componenti di un impianto, o meglio quelli che vengono considerati critici per il funzionamento dell’impianto stesso; critici perché la loro rottura causerebbe il completo stop di tutto l’impianto, quello che in linguaggio tecnico chiamiamo machine breakdown.
La PM è un percorso sistematico impegnativo che si applica ad impianti critici di una realtà produttiva, quelli per cui i guasti (o breakdowns) rappresentato una perdita importante, con l’obiettivo primario di migliorarne l’OEE.
Scomporre un impianto critico in un elenco di componenti … beh, solo chi lo ha fatto almeno una volta sa cosa significhi! Può voler dire mappare centinaia di componenti! E qui nasce il primo dubbio: qual é il livello di dettaglio che devo raggiungere nella fase di scomposizione dell’impianto? Quanto dettagliato deve essere il mio Machine Ledger?
<< Il gruppo motore è da considerare come un solo componente oppure va scomposto in tutte le sue parti, fino al raggiungere il livello della singola vite? >> … una delle tipiche domande che mi viene posta dai miei clienti quando iniziano ad approcciarsi al Machine Ledger.
Il livello di dettaglio è una annosa questione, che non mi sento di risolvere con una affermazione assertiva, ma a cui preferisco rispondere con un consiglio che deriva dalla mia esperienza diretta di anni di lavoro con i manutentori.
In una fase iniziale, considerate componente ciò che voi sostituite in caso di guasto. Se quando avete un guasto sul gruppo motore lo sostituite nella sua interezza, per poi farlo revisionare ed eventualmente riparare il singolo componente che si é rotto …. Beh, per voi il motore è un unico componente. É una semplificazione che mi sento di suggerirvi, che vi permetterà di iniziare ad utilizzare lo strumento per capirne l’utilità e la sua vera essenza, tanto da convincervi che andare successivamente maggiormente nel dettaglio può esservi di aiuto!
Questo articolo non nasce con l’obiettivo di spiegare come si compila il Machine Ledger, informazioni che oramai si trovano in rete, e che cito senza problemi: Lean manufacturing online, il Machine Ledger e il PM Calendar.
La difficoltà di un percorso lean non risiede più nel sapere cosa fare , ma … COME farlo! E in questo caso specifico, la difficoltà del Machine Ledger non sta tanto nel saper compilare un modulo molto ben standardizzato e strutturato, ma nel comprendere veramente la sua essenza e il suo significato.
Il vero valore aggiunto di questo strumento lo si ha quando lo si utilizza insieme ad altri 2 strumenti a disposizione del pilastro della PM: Il PM calendar e l’ EWO. Ognuno di loro, infatti, restituisce un’informazione importante. Ma solo se letta insieme alle altre saremo in grado di interpretarla in modo corretto, così come quando sulla settimana enigmistica é solo dopo che uniamo i puntini che prende forma qualcosa che avevamo sotto gli occhi fin da subito, ma che non potevamo vedere fino a quel momento.
Andiamo per ordine.
Il Machine Ledger può essere visto come la carta di identità di ciascun componente critico. Per ciascuno associa una zona macchina, un PN del ricambio, una fotografia, il come il costruttore ci dice di prendercene cura, ecc…
Il PM calendar è un vero e proprio calendario, che permette di calendarizzare le attività di manutenzione preventiva necessarie per prendersi cura del singolo componente ed evitare che si guasti per un deterioramento dovuto alla mancanza di manutenzione.
L’EWO ci permette di fare l’analisi del guasto del componente e identificare la causa radice.
Unire queste 3 diverse informazioni significa sapere cosa sta accadendo a ciascun componente. Ce ne stiamo prendendo cura? Si sta rompendo? Quanti guasti stiamo avendo sullo stesso componente? Ci sono componenti più critici dal punto di vista del MTBF? Come si stanno verificando i guasti rispetto alle nostre attività di manutenzione preventiva? Sono guasti consecutivi? Cosa ci dice il nostro EWO in merito alla causa radice identificata? La frequenza dei nostri piani di manutenzione è adeguata?
Immaginate di avere un componente che si rompe due volte consecutive, a distanza di qualche settimana. Vi é mai capitato? Penso proprio di si. A me personalmente moltissime volte, e in molti casi le analisi guasto effettuate dai tecnici identificavano come causa radice la mancanza di manutenzione preventiva. Come è possibile?
Come è possibile che un pezzo si rompa per mancanza di manutenzione se lo si era sostituito solo poche settimane prima? Detto così sembra ovvio a chiunque, ma purtroppo quando si é concentrati sulla compilazione del EWO molto spesso si perde di vista la visione di insieme, e non ci si chiede nemmeno quando quel componente si sia rotto l’ultima volta.
Attraverso uno strumento di gestione a vista unificato, all’interno del quale sono racchiuse tutte queste informazioni, é possibile visualizzare ciascuna occorrenza di guasto a livello di singolo componente, vederne la frequenza e capire come questa si “incastra” all’interno del sistema di manutenzione preventiva previsto per quel componente.
Grazie a questo, con un solo colpo d’occhio é possibile capire se la macchina soffre di mancanza di manutenzione preventiva oppure se i nostri problemi risiedono in altri fattori, quali gli errori umani, debolezze di progetto o altro ancora. E’ utile, inoltre, per capire se le cause radice identificate dagli EWO sono verosimili oppure se stiamo prendendo un abbaglio.
Certo, non lo nego: con un solo colpo d’occhio … di un ESPERTO! Ma diventare esperti non é così difficile. Sperimentate!! Questo è il mio consiglio. Sperimentate e vedrete che capirete, giorno dopo giorno, il senso delle mie parole, e i puntini inizieranno a trasformarsi in qualcosa di più chiaro anche per voi.
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Vuoi avere qualche informazione in più sul Machine Ledger e sul PM Calendar? Ti interessa capire meglio come crearli e come leggerli? Vuoi un consiglio di un occhio esperto su come interpretare i dati che hai già raccolto in questi mesi di duro lavoro?
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KIKIOPERATIONS – Leaning for Leading
Si chiama Emergency Work Order (da cui l’acronimo analisi EWO) ed è uno strumento utilizzato all’interno di programmi di miglioramento del Manufacturing, come per esempio il WCM.
E’ il punto di partenza per le attività di miglioramento in ambito manutentivo, laddove si voglia passare da una manutenzione a guasto ad una di tipo preventivo / predittivo.
Ti trovi nella condizione di “correre dietro” ai guasti e di mettere “pezze” e non hai il tempo per fare manutenzione vera? Il pensiero di fermare un impianto per prendertene cura ti sembra un’utopia facente parte di quelle aziende che se lo possono permettere perché … “loro fanno ancora utile”? Leggi tutto
In questi ultimi anni, il mondo del Manufacturing, e delle Operations più in generale, sta vivendo trasformazioni profonde volte al recupero di marginalità per poter competere in un mercato sempre più aggressivo. La ricerca di competitività, infatti, non è più caratteristica peculiare del mondo automotive, ma è diventato un requisito di base per poter essere leader in qualsiasi settore, anche in quelli che presentano maggiore marginalità.
Il Cost Deployment è uno dei pilastri del World Class Manufacturing, ed è quello che parte sempre per primo (o almeno dovrebbe farlo), in quanto ha la funzione di indirizzare le azioni di miglioramento.
Perché ogni singolo miglioramento, ogni progetto che l’organizzazione decide di portare avanti, dovrebbe nascere a seguito dell’ indicazione del Cost Deployment che, sulla base di un percorso ben preciso definito in 7 step, è in grado di identificare le perdite dell’organizzazione e definire la priorità con cui attaccarle. Bussola, quindi, perché indirizza sempre verso quelle perdite che, se attaccate con priorità, garantiscono convenienza per l’azienda. Leggi tutto
La fase ACT é l’ultima delle 4 fasi del ciclo di Deming, il cosiddetto PDCA. Ricordiamo che il PDCA rappresenta li logica corretta con cui affrontare i problemi focalizzati della tua organizzazione, al fine di garantire vera redditività, migliorando gli indicatori in modo sostenibile. Per maggiori informazioni in merito, si rimanda ai seguenti articoli: Il PDCA: in cosa è veramente “diverso”? ; Il cuore del PDCA in 7 passi: la fase PLAN ); La fase D=DO del PDCA : le 4 cose da non fare); Il C=CHECK del PDCA: risultati raggiunti?
Se la fase PLAN é il cuore del PDCA, la fase ACT é il cervello. É quella, infatti, che garantisce il mantenimento dei risultati nel tempo.
Completare un progetto di successo non significa solo raggiungere il risultato atteso, ma garantire il suo mantenimento nel tempo. Leggi tutto
La fase C = CHECK è la 3^ fase del ciclo di Deming, anche detto PDCA, che rappresenta la logica corretta con cui affrontare i problemi focalizzati della tua organizzazione, al fine di garantire vera redditività, migliorando gli indicatori in modo sostenibile.
Se ti avvicini per la prima volta a questi contenuti e non hai letto i precedenti articoli, ti consiglio di fare un passo indietro e di iniziare dal primo, quello che introduce la logica del PDCA (Il PDCA: in cosa è veramente “diverso”?), procedendo con i 2 successivi articoli di approfondimento rispettivamente della fase PLAN, il 1^ ( Il cuore del PDCA in 7 passi: la fase PLAN ) e della fase DO il 2^(La fase D=DO del PDCA : le 4 cose da non fare).
Check significa controllo, inteso come verifica. Tale fase, infatti, è quella in cui andiamo a verificare se le azioni implementate precedentemente hanno sortito l’effetto desiderato, ovvero se stiamo veramente attaccando le cause radice. Leggi tutto
A fine Gennaio ci siamo lasciati con l’intento di sviscerare le 4 fasi del PDCA, per comprendere meglio quella che è la logica corretta con cui affrontare i problemi focalizzati della tua organizzazione, al fine di garantire vera redditività , migliorando gli indicatori in modo sostenibile ( Il PDCA: in cosa è veramente “diverso”?).
L’articolo della scorsa settimana ha riscosso molto successo. Vi devo ringraziare per i numerosi feedback ricevuti: scrivendolo, lo avevo trovato un po’ pesante, ma non sono riuscita a fare altrimenti vista la necessità di essere il più possibile esaustiva. Ed effettivamente mi avete confermato che quanto scritto è stato apprezzato, per la completezza e per la chiarezza. Ottimo!
La scorsa settimana abbiamo parlato del PDCA e di quale sia la sua forza rispetto alla modalità con cui, normalmente, affrontiamo i problemi quotidiani che ci causano perdite economiche. A tal scopo rimando all’articolo Il PDCA: in cosa è veramente “diverso”?
Oggi parliamo della 1^ fase del ciclo di Deming , quella del PLAN, il cuore dell’approccio di un problem solving efficace. A mio avviso è la fase più critica, quella che se non affrontata con la serietà e il rigore che merita, può mettere a repentaglio il successo dell’intero progetto.
L’obiettivo di oggi è vedere nel dettaglio di cosa si tratta, e quali strumenti possiamo utilizzare per massimizzarne l’efficacia. Quello che segue è, quindi, un articolo molto tecnico, per i soli “addetti ai lavori”. Non iniziate a leggerlo, dunque, se non siete proprio interessati a provare ad applicarlo: rischiereste di addormentarvi a metà strada! ((-:
Buona lettura, dunque. Leggi tutto
L’articolo di oggi è dedicato a Christian, un follower di kikioperations che mi ha chiesto di aiutarlo a capire che cosa sia il PDCA e le logiche che stanno alla base della sua applicazione. Partiamo, dunque, dalla sua definizione.
Il PDCA, anche detto ciclo di Deming dalle teorie del Dott. W. Edwards Deming risalenti al 1986, è un argomento molto affrontato in rete, ed è generalmente classificato come uno strumento / metodo applicato alla risoluzione dei problemi di qualità. Il nome è un acronimo formato dalle iniziali delle 4 fasi che lo caratterizzano: Plan, Do, Check, Act.
La mia definizione di PDCA è la seguente: Leggi tutto